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Marco Oreste Marelli 2022
LAGUNANDO 2022 > selezionati 2022
Nasce a Milano nel 1972, da padre milanese e madre bulgara di Sofia.
Cosmopolita e poliglotta, nel 1997 si laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Milano, nel 2002 consegue l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, nel giugno 2019 ottiene il titolo di Dottore di ricerca (Ph.D.)  Dal 2001 è dipendente comunale.
Scrive poesie come passatempo fin dall’infanzia, ma solo negli ultimi anni partecipa attivamente a concorsi letterari con le sue composizioni, ricevendo diversi riconoscimenti.
È anche membro di giurie in alcuni concorsi letterari.

Già presente edizioni:
2021
2020
2019
LEGGERE LAGUNE
POESIE
CIAO PAPÀ



Ci hai lasciati troppo presto,
sopraffatto in ospedale,
perché mai, mi sono chiesto,
ti è toccato questo male?
Così giovane eri ancora,
serio, affabile e operoso,
impegnato ad ogni ora,
uomo e padre premuroso.

Pochi mesi di battaglia
sono stati sufficienti
a quel cancro, gran canaglia,
per sottrarti a noi parenti.
Nel tristissimo momento
del commiato conclusivo,
ho provato scoramento
nel vederti non più vivo.

Ripensando al tuo sorriso
e alle belle chiacchierate,
inondavano il mio viso
tante lacrime angosciate.
Eravamo adolescenti,
di una guida bisognosi,
mia sorella e io, studenti
sprovveduti ma ambiziosi.
Non pareva proprio vero
quanto stava capitando:
un periodo così nero
lo stavamo meritando?
Ci è crollato addosso il mondo,
ma occorreva ripartire,
rassegnarsi fino in fondo
e guardare all’avvenire.

Da quei giorni dolorosi,
trascorrendo lunghi anni,
siam cresciuti coraggiosi,
superando sfide e inganni,
ma indelebile perdura
negli anfratti della mente
la paterna tua figura
protettiva ed influente.

Ci sostieni in ogni azione,
a ogni passo che muoviamo,
sento ancora il tuo vocione
rinfrancarci, se sbagliamo.
A supplire alla tua assenza,
son rimasti i tuoi valori,
che ci nutron la coscienza,
che ci scaldan dentro i cuori.
Vorrei stringerti di nuovo,
anche un unico minuto,
prego il cielo e mi commuovo
per un ultimo saluto,
ma se questa è suggestione
dei miei vani desideri,
posso, per consolazione,
riabbracciarti tra i pensieri.

Il ricordo è una ricchezza
che accompagna chi rimane
per far fronte all’amarezza
e alle fatiche quotidiane,
è una luce che rischiara
il cammino della vita,
ispirando, tanto cara,
ogni scelta, pure ardita.
DOLCE ENIGMA



Perché tenti
di nascondere
con elusive parole
quelle verità
che il tuo sorriso
mi sta rivelando?
LA REGINA BALLERINA



La regina ballerina
trucca il viso ’gni mattina,
veste abiti eleganti
e segue diete dimagranti.
Popolare tra la gente,
ha un sorriso travolgente,
col suo fine portamento,
’tira sguardi ogni momento.

La regina ballerina
non è più una ragazzina,
ma una dama già attempata,
consapevole e affermata.
Ha un marito, anche se
non le basta un solo re:
vive in cerca di attenzioni
per provare più emozioni.

Con la musica di sera,
lei si gode l’atmosfera,
si scatena sulla pista,
a ogni passo una conquista.
Pretendenti e spasimanti
la corteggiano costanti;
lei si nega per dispetto,
torna sola nel suo letto.

Questa nobile ballata
pure gli Abba l’han cantata,
può non essere svedese,
ma anche solo milanese.
Che regina affascinante,
non sta ferma più un istante,
ha un suo sogno nel cassetto:
vuole il principe perfetto!
NON È FACILE



Non è facile parlare
dopo mesi di astensione,
non è semplice spiegare
quest’umana divisione.
Ti ho rivista indifferente
al mio sguardo imbarazzato,
camminavi tra la gente,
quando a te mi son mostrato.

Mai fu facile orientare
i percorsi dell’amore,
mai fu semplice arrivare
alla porta del tuo cuore.
Ti ho lasciata meditare
sulle azioni che ho compiuto,
se ho sbagliato, non scordare
ciò che insieme abbiam vissuto.

Quel tuo fare distaccato
vuol nasconder sofferenza,
mentre il tono un po’ sfrontato
ha il sapore di sentenza.
Non tenermi sulle spine,
ho patito le mie pene,
ora basta frecciatine,
non è ciò che ci conviene!
Dopo mesi son tornato
per cercar di ricreare
il connubio che c’è stato,
che ci ha fatto emozionare;
ma è difficile trovare
delle frasi persuadenti
a riuscire a mitigare
i tuoi freddi atteggiamenti.

So che il tempo può lenire
le profonde tue ferite
per tornare tu a gradire
le carezze mie infinite
e poter così capire
quanto ti ho desiderata:
sempre è l’ultima a morire
la speranza smisurata!
PENČO SLAVEJKOV



Al Verziere di Milano,
su una panca in bella vista,
si può scorger da lontano
un poeta irredentista:
è Slavejkov, figlio d’arte,
nato a Trjavna, in Bulgaria,
soggiogata, in ogni parte,
dall’Impero di Turchia.

Dalla guerra, infervorato,
contro il cinico oppressore,
scrisse il “Canto insanguinato”,
la sua opera maggiore,
con la quale, decantato,
per il Nobel fu proposto,
ma, anzitempo sì stremato,
morì giovane e indisposto.

Reso infermo e sofferente
da un evento accidentale,
si elevò spiritualmente
con vigore eccezionale.
Con sapienza e abnegazione
seppe vincere il dolore,
perseguir la perfezione
fu la sfida come autore.

Promotore del “Pensiero”,
coi colleghi letterati
fu cultore acuto e fiero
d’ideali raffinati.
Direttor di Biblioteca
e del Teatro Nazionale,
varie volte gli fu bieca
la politica locale.

Mal vissuto qualche torto
nell’amata Bulgaria,
preso un po’ dallo sconforto,
si convinse ad andar via.
Se anni prima fu in Germania
per studiar filosofia,
volle in Svizzera e in Italia
ritrovare l’armonia.

A Brunate, sopra il Lario,
borgo eccelso ma incurante
di quell’uomo straordinario
sopraggiunto claudicante,
egli, quasi confortato
dalla vista strepitosa,
terminò depauperato
la sua vita prestigiosa.

Come a Sofia ’nche a Milano,
dove Penčo mise piede,
col bastone spesso in mano,
su una panca adesso siede,
perché viva in tal scultura,
in eterno collocata,
la gloriosa sua figura,
da ogni bulgaro acclamata.
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