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Michele Zanetti 2022
LAGUNANDO 2022 > selezionati 2022
ORTI DEI DOGI
ROMANZI
Nata a Sedegliano (UD)
Pubblicazioni: 32 Romanzi - 55 Racconti - 12 Sillogi in lingua italiana e friulana-
Riconoscimenti: In concorsi letterari in Italia e all’estero, ha ottenuto oltre mille riconoscimenti.
Nel 2008 ha avuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il riconoscimento per l’opera “Opzione Italiani!” sull’Esodo Istriano-Giuliano-Dalmata.
Nel 2017 ha avuto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il riconoscimento per l’opera “Senza Ritorno”.
Autrice già presente edizioni:
2021
2019
Marco vive la natura in modo totale. Si appassiona di tutto ciò che lo circonda. Ha appena perso il padre in un modo drammatico e disperato. Casualmente, durante una corsa in bicicletta, incontra Dennis, un uomo, come lui, appassionato della natura, che è arrivato da poco in paese e che nessuno conosce.
Sua madre non è contenta dei suoi continui svaghi, in giro per la campagna, secondo lei è un perditempo e lo chiama “Torzeòn”. Il vuoto lasciato dal padre e l’indifferenza della madre che usa questo epiteto come nome, mettono in crisi Marco, che inizia a balbettare e a chiudersi in se stesso. L’unico aggancio al mondo che lo circonda sono i ricordi delle passeggiate con il padre, durante le quali, gli aveva accennato a quella che era stata la loro storia.
La famiglia, prima ricca, possidente e quasi temuta, dove i primogeniti si tramandavano il simbolo della continuità fissato su un medaglione, aveva poi vissuto un rapido declino fino a dover sopravvivere modestamente da “ultimi”, com’era toccato, per primo, al suo papà.
Marco non regge a questa situazione di profondo isolamento in cui sta vivendo e, non trovando aiuto, tenta di emulare il gesto di suo padre per raggiungerlo: non riesce a vivere senza di lui. Lo salva Dennis che casualmente assiste al gesto disperato, che resta il segreto che li unisce e diventano amici. Marco frequenta la casa di Dennis che scopre la sua grande sensibilità e la padronanza della matematica e conosce la sua mamma. Marco ha paura del ricordo di suo padre, l’hanno escluso dal suo funerale ma Dennis lo aiuta ad avere la forza di fargli visita al cimitero. Marco frequenta la prima media ma, sua madre, altrettanto delusa dalla vita, non si cura minimamente di lui.
L’inserimento con i compagni, tutti maschi è difficile e talvolta tumultuoso e questo fa ancora di più chiudere in se stesso, tanto che decide di costruirsi attorno a se un mondo tutto suo, con i nomi dei mesi, delle persone, dei luoghi diversi, dove si possa ritrovare, ma neanche questo gli dona pace e tutto il suo malessere si materializza in un suo alter ego “Bintar”. Un mostro che solo lui vede e che lo perseguita non abbandonandolo mai e costringendolo a continue sfide irrimediabilmente perse da Marco, facendolo piombare al limite della pazzia.
Ancora una volta Dennis interviene ad aiutarlo e Marco reagisce, prende coscienza della realtà, tanto da modificare il testo di una canzone in voga e volgerla a riferire il suo cambiamento… “io vedo la realtà e quanta tenerezza mi dà…”
In seconda media, in una classe mista, Marco, sempre isolato, è avvicinato da Lia e nasce un rapporto di reciproco interesse, che lo aiuta ad aprirsi e comunicare. Marco ne trae forza da questa conoscenza che cresce e diventa un sentimento vero, pulito e corrisposto, tanto da riuscire a vincere parecchie sfide con “Bintar”. Per primo racconta di questo bel sentimento a Dennis, che ora chiama “il maestro di violino” per la sua passione di suonare questo strumento.  
Durante le vacanze estive Marco scopre che il destino ha voluto che fosse stato proprio Dennis a trovare suo padre morto, che finora l’ha tenuto per se e questo rinforza il loro rapporto.
La madre di Marco intanto ha trovato un nuovo compagno; è incinta di lui e hanno deciso di trasferirsi a casa di lui, in un paese più lontano per i collegamenti con la scuola e con il paese di Lia. Marco non accetta e, sua madre, lo mette davanti alla scelta: o la segue o lo mette in un collegio. Marco fa intervenire Dennis, che racconta alla madre, quanto lei non conosce e, contemporaneamente si offre per ospitare Marco, lasciandolo libero di spostarsi, a suo piacimento, da un posto all’altro e la madre infine accetta il compromesso.
Vanno alle scuole superiori e la loro unione diventa forte.
Si frequentano durante le vacanze e, in una domenica d’estate, incontrano l’amore completo. A Marco, il buon rendimento scolastico e i risultati sportivi contribuiscono ad aggiungergli altre certezze nel costruire il suo mondo personale attorno a se.
Terminate le scuole, si tuffano con entusiasmo nel lavoro e vivono assieme. Ma la serenità è breve: Marco è nuovamente assalito dai dubbi, che pian piano invadono la sua mente, aprendo il varco al ritorno maligno di “Bintar” che lo fa scivolare in una profonda crisi, da cui tenta di uscire accettando un nuovo lavoro.
Inizialmente l’entusiasmo e il coinvolgimento totale nelle problematiche dell’attività sembrano dargli ragione della scelta fatta. Poi invece, spenta la forte motivazione iniziale, cade nuovamente e più profondamente in una crisi che gli sembra non lasciargli scampo.
“Bintar” è diventato una vera ossessione che Marco non riesce più a contrastare e per liberarsi decide, per la seconda volta, di tentare di raggiungere suo padre, ma questo non era previsto nel suo destino che altri, molto tempo prima, avevano contribuito a creare, che aveva condizionato fino ad allora la sua vita e che finalmente potrà conoscere.   



IL GIORNO CHE VERRÀ


1

Erano passati brevi istanti o si era consumata l’eternità da quando saltava sulla bici, spingeva i pedali: le gambe, molle caricate d’energia?  Gli occhi spalancati, le guance arrossate nel fantasticare nuove emozioni da sperimentare.  
Oltrepassato il cortile che conteneva il suo quotidiano, era come se calasse un ponte levatoio spalancato su offerte alle quali andava incontro, con la curiosità fanciulla.
Tutto era prezioso per confondere il filo d’ansia che, chissà perché si presentava a tratti, come il bandolo scombinato in una matassa uniforme.    
Era il prolungamento del suo papà, il quale rendeva concrete le fantasie, reali le suggestioni.
«La natura si dona se la rispetti Marco, ed è un’orchestra ineguagliabile in sintonia perfetta, che spande nell’aria la sua armonia, la pregna, la fa echeggiare a onde lievi, quasi permalose, nel tornare» sussurrava e come per magia, lui la percepiva, si lasciava avvolgere, trattenere, librare  nel suo  incanto...

  
2

Il rotolare delle ruote lascia l’impronta del copertone nel fango.
“Mi devo spostare sul ciglio del fosso, se no finisco nelle buche fonde” e devia sulle tracce lasciate da ciclisti appena transitati i quali, per schivare le pozzanghere hanno modificato il percorso, trasformandolo in tratti con due distinti: uno laddove il terreno è asciutto e solido; l’altro, con deviazioni zigzaganti. Poi non ne tiene conto, le sfida e più sono fonde, più è stimolato a mettere alla prova la propria abilità nel mantenere l’equilibrio. Il capitombolo fa l’occhiolino spesso con conseguenze immaginabili; di solito va bene.  Prende la rincorsa, abbandona i pedali, alza al massimo le gambe per evitare gli schizzi delle ruote, sfidando la pozzanghera. Raggiunta l’uscita, si ferma, scende, sbatte la bici, la libera dal fango, per il resto della pulizia la cala in uno dei fossi che costeggiano la strada, girando le ruote dentro l’acqua. Riparte.
La primavera rigenera ogni cosa con i suoi primi tepori. Il vento fa passeggiare per il cielo azzurro nuvole bianche; le sfilaccia, le raggruma, le ferma a scaricare pioggia sottile, improvvisa. Da una settimana cade a intervalli, come una filastrocca sussurrata. La terra grassa e compatta, permette un lento assorbimento. Nelle zone concave delle stradine, si crea un finissimo pantano che rende impermeabile il terreno e le pozzanghere  diventano acquitrini.
Sull’acqua intiepidita dal sole, proliferano sciami di moscerini. All’entrata delle ruote di carri o biciclette, una parte prende il volo, i più si lasciano dondolare sull’incresparsi intorbidito, che si ricompone dopo il disturbo dei passaggi. Presto l’acqua torna limpida. Sul fondo, si rispecchiano, nel cielo capovolto,  le impronte delle ruote.
Pedala svelto Marco lungo la stradina tutta curve, resa una galleria dagli alberi grandi, intervallati a cespugli fitti che si stanno vestendo di foglie nuove. La velocità nel susseguirsi tortuoso, glieli fa sfiorare smuovendoli dall’immobilità e gli da la presunzione di credere che percepiscano la sua presenza.
Una pozzanghera enorme invade la carreggiata, gli compare d’improvviso, dopo una svolta cieca. Non ci sono spazi per deviare, né tempo per valutazioni.
La ruota entra nell’acqua ferma e, sprofonda, sprofonda...

3

«Tutto bene figliolo?»
Ode la voce, prima di vedere a chi appartiene.
Impegnato a scrollarsi di dosso il pantano, non risponde. Lo raspa con le mani come fossero palette, lo getta lontano. Un ginocchio sbucciato brucia, dalla mano sinistra, spunta un rivoletto rosso. Si siede sul ciglio del fosso che costeggia la strada. La sciacqua nell’acqua che scorre limpida tra l’erba fresca. Il rivoletto si fa rosa:
“Un graffio,” valuta.
Colui che ha parlato si avvicina:
«Ti è andata bene Marco!» E gli tende la mano perché si alzi.
“Non l’ho mai veduto e mi chiama per nome come se mi conoscesse,” pensa stupito.
«Sei sbucato così veloce dalla curva, che non ho avuto il tempo di farti un cenno. Il fosso è straripato e ha eroso un tratto di strada, creando la buca.»
Lui recupera la bici. Con vigore la sbatte a terra.     
«Conosco questi luoghi, da giovane li frequentavo, ora che sono tornato, mi piace riscoprirli,» continua l’uomo carezzando con lo sguardo, tutto d’intorno.

(continua)
Nella presente antologia è stata riportata solo la presentazione del romanzo.
Per l’Opera completa contattare l’Autore.
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