Gianni Romano
Lagunando 2025 > AUTORI 2025 > Narrativa 2025
Nasce a Firenze il 27 ottobre del 1964. Laureatosi in lettere, si trasferisce a Treviso dove attualmente risiede e lavora come insegnante.
Il suo racconto I sogni del cieco, tra i vincitori del premio Nabokov 2023, è stato pubblicato nell’antologia del concorso. Il suo racconto Chiudere il cerchio ha vinto il premio Città di Verona 2024 ed è stato pubblicato nell’antologia del concorso. Il medesimo racconto è inoltre tra i vincitori del premio Città di Ravenna 2024 e Città di Melegnano 2024
Il suo racconto Per non sbagliare, tra i vincitori del premio Nabokov 2024, è stato pubblicato nell’antologia del concorso.
Il suo racconto Prima della pioggia è tra i vincitori del premio Michelangelo Buonarroti 2024.
Ha già partecipato a:
SINOSSI
Martina, Ivano, Bianca: in una Firenze periferica, ora cupa e claustrofobica, ora luminosa e ingannevole come un idillio, in una Gallura che è paesaggio dell’anima evocato dalla nostalgia e dalla leggenda, i tre protagonisti s’incontrano, si odiano e si amano senza mai realmente comprendersi. Sospesi tra destino e casualità, tra un passato che sembra predeterminare l’azione e un divenire che scompiglia a ogni tratto gli equilibri raggiunti, i tre personaggi si definiscono a poco a poco, all’interno d’un romanzo che non è facile collocare in un genere troppo preciso e che più volte, a partire dal titolo, strizza l’occhio al fumetto.
PARTE PRIMA
Quel genere di cose che a lui capitavano da qualche tempo
- Dai ragazzino, comincia a metterci un po’ d’impegno che a quest’ora dovevo già essere in macchina. - disse lei dopo essersi passata la lingua sul labbro superiore in quel certo modo che Ivano trovava sempre così irresistibile.
- Tempus fugit. - filosofeggiò lui di rimando tra un ansimo e l’altro.
In effetti le probabilità che Martina Pellegrini, impiegata da circa un anno presso lo studio legale Stramaccioni Diodati ubicato in località Antella provincia di Firenze, potesse trovarsi entro minuti quindici nell’atto di svolgere le proprie mansioni professionali, apparivano al momento desolatamente scarse. La segretaria del suddetto ufficio, di norma zelante, era difatti concentrata anima e corpo in un amplesso un po’ impegnativo che, pur promettendo un esito gratificante, minacciava tuttavia d’andare un po’ per le lunghe.
- Non fare lo stronzo, sono una donna che lavora.
- Ora... et labora. - insisté lui variando un po’ il ritmo.
- Un’altra parola in latino e giuro che ti lascio a mezzo.
L’attuazione della minaccia a dire il vero non gli sembrava così probabile ma, in fondo, non si poteva mai sapere. E comunque le altre due espressioni che conosceva a memoria (Quousque tandem Catilina e Delenda Carthago) erano un po’ difficili da inserire in mezzo al discorso.
- E dai, non fare la difficile. - rispose alla fine con l’intenzione di rabbonirla - Se vuoi cambiamo posizione magari.
- La posizione va bene, sei tu che non sai fare un cazzo. Avanti, mettici un po’ d’energia.
- Ma se stai godendo come un’assassina...
- E’ questo quello che pensi?
- Non è quello che penso. E’ quello che vedo.
- Quello che vedi sono io che faccio finta.
- E perché faresti finta?
- Faccio finta perché mi fai compassione.
- Ti faccio compassione?
- E’ quello che ho detto. Vuoi che te lo ripeto?
- Voglio che stai zitta e mi dai un bacio.
- Col cazzo che te lo do. Io bacio solo quelli che amo.
- E me non mi ami?
Era la prima volta che tra i due, sia pure per scherzo, si toccava quell’argomento e Ivano si pentì subito della frase che chissà come gli era sfuggita di bocca. Come una nota finita fuori dal pentagramma. Lei, per fortuna, tirò dritta per la sua strada senza lasciarsi distrarre dallo spartito.
- Se ti amo? Non mi far ridere che mi deconcentro.
Poi però, terminata la frase, gli mise la mano dietro la nuca, dischiuse le labbra e gli consegnò la bocca per un bacio lungo, profondo.
- Ecco qua. Contento adesso?
- Sì e no.
- Sì e no?
- Ne voglio un altro.
- Davvero? E perché non provi a supplicare?
- Questo mai.
- Meglio così. Gli uomini che supplicano mi fanno schifo.
- Preferisci i prepotenti? Poche storie allora. Ho detto che ne voglio…
- Oh, adesso sì che ci siamo. Quando fai così riesci quasi a eccitarmi. Ma se davvero lo vuoi, prima devi fare una cosa per me.
- E cosa vuoi che faccia?
- Devi allungare la mano, prendere il cellulare e fare una chiamata.
- E chi dovrei chiamare secondo te?
- Tua moglie, è ovvio. Voglio chiederle il permesso.
- Non cominciare con le cazzate.
- Signora Morganti, mi dica lei: devo limitarmi a scoparmelo suo marito o posso anche dargli un bacetto?
- Ti ho detto di non…
- E dai, sentiamo cosa risponde. Non sei curioso?
- Lo sai che non mi piace questo gioco.
No. Questo non era vero. Quel gioco gli piaceva eccome e lei se n’era accorta da un pezzo. Come avrebbe potuto non accorgersene?
- Oh, davvero non ti piace? Beh, magari piace a lei.
E il fatto che non ne andasse fiero non cambiava per nulla le cose.
- Anzi, perché non la facciamo venire qui? Dai, sarà divertente. Noi chiudiamo la porta a chiave e lei può guardare dal buco della serratura.
Mettiamola così: gli piaceva ma non avrebbe voluto che gli piacesse. Era quel genere di cose che gli capitavano da qualche tempo.
- Chissà? Magari si eccita. Oppure, se invece si annoia, può sempre mettersi a correggere i compiti mentre aspetta che finiamo. Non è questo che fa tutto il giorno?
Perché glielo aveva detto? Perché le aveva detto tutte quelle cose di Bianca, di loro due? Martina non gli aveva mai parlato di sé, perché lui non aveva fatto lo stesso? E, soprattutto, perché si eccitava tanto tutte le volte che lei faceva così?
- Adesso smettila, stronza! - disse alla fine, in un tono che significava tutt’altro che irritazione.
- Stronza? Ma ti pare una cosa da dire a una ragazza come me?
- Perché, come saresti tu?
- Così... così...
- Così stronza?
- No, dico: continua così con questo ritmo che quasi quasi comincio un po’ a divertirmi...
- Lo sai vero che sei per davvero una stronza?
- Guarda che se continui ad offendermi domani me ne trovo un altro.
- Ah sì?
- Certo. Io sono una donna libera, quello sposato sei tu.
- E allora?
- E allora io scopo con chi mi pare e se non ti sta bene puoi pure andartene in culo.
- …
- Dai, non prenderla così male. Potrai venire lo stesso a trovarmi.
- Che gentile.
- E mi raccomando, porta anche Bianca. Così… così…
- …
- …così potete guardare tutti e due dal buco della serratura.
Sull’ultima sillaba della parola serratura, dopo quel tour de force che sembrava non dovesse finire mai, Martina rovesciò la testa all'indietro, inarcò la schiena come una campionessa di tennis nell’atto di servire un ace sul centrale di Wimbledon e venne clamorosamente, seguita a pochi secondi di distanza da Ivano che, in debito d’ossigeno pure lui, appariva oramai altrettanto provato.
- E adesso ammettilo che hai goduto come... - riuscì tuttavia a rantolare - …come una stronza.
- Sì, non è stato male. Ma non è il caso che ti vanti troppo...