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Concorso Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa inedita
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Massimo Bollato
Lagunando 2025 > AUTORI 2025 > Narrativa 2025
Veneziano, ha insegnato materie letterarie alla Scuola Media, sostanziando la sua attività didattica anche dei suoi interessi per l’ambiente, in particolare per quello “natio” della laguna e  per quello così diverso , della montagna, che è lo sfondo di un testo pubblicato nel 2009 (Cierre editore) che consiste nella ricerca compiuta sulle fotografie del padre, alpinista attivo negli anni Trenta del Novecento.
Ha già partecipato a:
SECONDO CLASSIFICATO ROMANZI
Un vecchio pittore mosaicista è preso dal desiderio di ripercorrere il suo cammino di artefice  e di rivedere le sue prime opere. Decide di cominciare da una pala d'altare che si trova nella chiesa parrocchiale di un' isola della laguna e di andarci con la sua barca a remi. Il suo pellegrinaggio trascorre fra il presente degli incontri e il passato dei ricordi, fino alla conclusione che congiunge la sua vita con la sua arte
Fino all’autunno inoltrato

1

Si alzò all'alba, come aveva fatto tante volte in passato per andare a pescare, si lavò con l’acqua fredda, fece colazione.
Quando uscì - nella casa abbandonata rimase solo il profumo del caffè - il giardinetto, chiuso dentro il suo muro arrampicato dalla vite americana, faceva ancora parte della notte. Ma al di là del cancello l’asfalto della strada era già un po’ più visibile – luce che non era ancora luce – mentre lui compiva il breve percorso fino alla riva del canale portando con sé una parte dell'attrezzatura. Depositò sui primi gradini della scaletta in cemento le due forcole, la cassetta dei colori, qualche tela, la vecchia borsa, consunta e stinta, che aveva sempre contenuto gli arnesi per la pesca: togne, ami e piombi di riserva. Tornò indietro per caricarsi di una piccola ancora, prese l’altra sacca impermeabile - un tempo - con vestiario di riserva, i due remi, chiuse definitivamente il cancello dopo un breve esame all’intorno per essere sicuro di non dimenticare niente. Le cose, lungo quei pochi metri che ripercorse, gli apparvero già più distinte, avvertì anche un profumo a cui prima non aveva fatto caso. Basta un attimo, pensa, d’estate.  

Quando fu di nuovo alla riva scaricò il suo fardello (termini così, da vecchia elementare gli erano rimasti anche per le azioni più semplici) e i remi li mise a terra con l’impugnatura che sporgeva alquanto sul canale per poterli poi afferrare comodamente dalla barca. Andò al ponte e dovette fare attenzione mentre ne scavalcava il parapetto, mentre si calava lungo la struttura dei piloni in legno per raggiungere la barca ormeggiata là sotto. Però la difficoltà fu minore di quella che si aspettava e quando l’imbarcazione ondeggiò, destata dall’impatto del suo peso, conservò un perfetto equilibrio, sicuro, come fosse rimasto lo stesso di allora, della stagione delle oradee, le orate novelle, e dei cefali di settembre... Bon, bon, si compiace.
Con la chiave un po' arrugginita assicurata al suo sughero di salvezza aprì il lucchetto della catena che teneva legata la barca alla prima palina, buttò sotto prua catena e lucchetto e si spostò all’altra palina, per sciogliere il nodo del secondo ormeggio. Liberata così l’imbarcazione, le impresse una spinta decisa, obliqua, verso la riva.  Il cigolio tenue del palo che restituisce lo sforzo, l'onda appena sciaguattante smossa dal fianco del cofano, il tonfo attutito dell'urto sul cemento della riva che non riesce a evitare del tutto, lo stridio della sciona in cui infila la cima contro quella infissa al suolo con cui è solidale: questi rumori li ritrovò tutti, in ordinata fila perché lui se li ricordasse, e la sequenza sembrò rallentata solo per quell'attenzione che si era ridestata dopo la lunga disabitudine.
Afferrò i due remi e li dispose uno per lato della barca. Poi, stando ben attento a evitare il primo scivoloso gradino della scaletta di cemento, smontò, raccolse tutto quello che prima aveva depositato e lo trasferì nella barca, distribuendolo secondo necessità.  Solo allora guardò il cielo che si era ancora schiarito. Lo vide sereno, anche se appena velato di foschia. Bon.

Poco dopo Romualdo remava con calma al centro del canale che meno di duecento metri più avanti lo avrebbe consegnato alla laguna.  Passò subito sotto il primo ponte, poi arrivò al secondo, più massiccio e largo, al confine, mentre il silenzio era tale che si avvertiva il leggero frusciare dell’onda quando va non contro ma lungo la riva, l’onda appena accennata provocata dal  passaggio di quella barchetta.
Per un attimo avvertì la sensazione come se assieme a lui avesse dovuto esserci qualcun altro: raramente, in passato, era andato a pescare da solo in barca. Ma quel giorno c’era un’altra ragione per andarsene nella laguna e nessuno avrebbe dovuto fargli compagnia. E anche l’attrezzatura da pesca l’aveva portata con sé per effetto della vecchia abitudine, diventata un automatismo. Al punto che ancora pensò: non si sa mai.
Gli venne in mente Giorgio, un amico di gioventù, amante delle camminate in montagna. Un giorno, mentre stavano camminando insieme su un semplice sentiero, l'amico gli aveva chiesto di reggergli un momento lo zaino. A sentirlo pesantissimo, stupito, Romualdo gli aveva chiesto che cosa mai si stesse portando per una breve escursione. E quello cominciò a snocciolare un elenco talmente sproporzionato che lo lasciò di stucco: nello zaino c’era perfino una corda. Oh, solo un cordino da venti metri. Giorgio gli aveva spiegato che teneva sempre nello zaino tutto quello che avrebbe potuto servire, indipendentemente dall’impegno della giornata; non lo vuotava mai una volta arrivato a casa, così non correva il rischio di dimenticare qualcosa che poteva essere utile anche se solo in certi casi speciali. Non si sa mai, aveva concluso. Anche in barca non si sa mai e dunque meglio avere anche le togne?
In realtà non era affatto probabile che potessero servirgli, a meno di non voler pescare per puro passatempo, magari ributtando poi i pesci in acqua: e tempo ne aveva solo perché non c'erano appuntamenti, non certo perché fosse breve il tragitto che aveva intenzione di fare.
Era uscito dalla volta buia del ponte, buia ma ricca di suoni moltiplicati e lo spazio gli si era aperto davanti con la sua luce estesa, l’invito a guardare lontano, a immaginare la meta al di là delle quinte delle isole più vicine. L'ora era quella che lui preferiva: l’inizio appena solo annunciato del giorno quando la luce era, diventava, sempre un’altra luce, difficilissima da catturare nella pittura. Lo raggiunse ancora un suono, quello delle campane che dalla lontananza della città battevano l'ora.
Curvò verso destra, poco, e riprese subito il ritmo della doppia vogata.
Il remo che teneva con la destra era lungo almeno un metro più dell'altro, che si era spezzato tanto tempo prima: era stato riparato congiungendo i due tronconi e di conseguenza si era accorciato. La pala e l'impugnatura, dunque, non erano forme diverse di un unico legno ma due resti, tenuti insieme da un nastro metallico che con alcuni giri circondava e legava strettamente le estremità dei due pezzi adattati a combaciare. Il remo integro, al confronto, era molto più pesante e più ruvido. Ma lui li impugnava e li muoveva con la disinvoltura e la confidenza che l'esperienza di tanti anni di frequentazione consente di avere anche con amici scorbutici: manovrava sicuro, sebbene sembrasse improbabile che quei due remi così diversi e disarmonici potessero tuffarsi  insieme e insieme riemergere. Quante volte si era ripromesso di procurarsi un remo nuovo? Invece eccolo qua, sempre con quello, anche per questa uscita, dopo tanti anni, finiti da un pezzo i tempi in cui si doveva risparmiare su tutto, figurarsi sui remi.


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