Marcello Nazari 2021
LAGUNANDO 2021 > selezionati 2021

La sua passione per la scrittura nasce durante una vacanza in Grecia nel 2018.
Gli piacciono le materie umanistiche, lo studio delle lingue e viaggiare.
Frequenta la 2^ Liceo Classico Europeo “Marco Foscarini”.
HOUSE OF THE FUTURE
Mi ricordo bene il giorno in cui la Guerra Finale devastò il globo: era il 22 maggio 2055 ed io mi trovavo nel mio appartamento nel moderno quartiere universitario di Padova. Ero seduto sul divano intento a leggere il mio vecchio diario, cercando di ricordare i fatti raccolti. Lo avevo ritrovato in un vecchio contenitore di plastica pieno di cianfrusaglie della mia infanzia e, in preda alla noia, lo aprii. Iniziai così a rievocare moltissimi avvenimenti davvero belli che, sfortunatamente, si interruppero quando arrivai alla pagina del 16 dicembre 2043: non mi ricordavo nulla di quel giorno in particolare!
Preso dalla curiosità cercai sul calendario delle ricorrenze nazionali delle informazioni utili cheriguardassero quella giornata. Secondo le mie ricerche in quel periodo si celebrava l’anniversario dell’inizio della Terza Guerra Mondiale, scoppiata nel 2024.
“ Ma certo!” Pensai. Quel giorno mio padre mi raccontò la storia e le cause di quel terribile conflitto.
Improvvisamente mi sentii gelare il sangue, un brivido mi corse lungo la schiena e proprio in quell’istante ricordai tutto.
Chiusi il libretto e mi distesi sul divano, intento a mettere in ordine le mie memorie: mi ci vollero alcuni minuti ma, alla fine riuscii a schematizzare tutte quelle informazioni.
Quel giorno ero a casa e, mentre stavo guardando la televisione con mio padre, gli chiesi cosa fosse successo durante la guerra. In quel periodo ero andato con la mia classe a fare una gita al monumento dei caduti per la Patria, dove ci avevano parlato di quel conflitto. Lui , per tutta risposta, mi guardò per qualche istante e poi si mise a raccontare.
Mi disse prima di tutto che la guerra era scoppiata a causa dell’espansionismo sovietico che in quel periodo stava minacciando l’Unione Europea che aveva risposto prontamente con delle sanzioni che però non avevano funzionato e l’URSS era uscita dall’ONU, che intervenne con l’unica carta rimasta: un embargo commerciale.
Papà disse che per mesi non si ricevettero notizie e tutti quelli che avevano provato ad entrare nel Paese non erano più ritornati e la gente aveva iniziato a disinteressarsi dello sviluppo della situazione che, in pochi mesi, era cambiata radicalmente.
All’alba del 16 dicembre iniziò la Prima Ondata, un attacco coordinato di Unione Sovietica , Cina e Corea del Nord che si erano alleate per eliminare le forze NATO e ONU ed espandere così i propri territori.
La NATO si ritrovò impreparata e gran parte dell’Europa dell’Est e dell’Asia vennero occupate da quello che poi venne definito il Blocco Orientale.
Per alcune settimane non ci furono contrattacchi e i rimanenti paesi dell’Unione Europea sprofondarono in una grave crisi politica che era terminata con il supporto degli Stati Uniti d’America. L’Unione divenne una federazione di repubbliche che doveva garantire l’aiuto reciproco.
Nel 2025 la nuova Federazione Europea iniziò il contrattacco contro l’invasore russo. Mio padre, che all’epoca aveva vent’anni, partì per il fronte come reporter di guerra e fu proprio grazie ai suoi servizi che diventò famoso in molte zone del mondo documentando con la sua telecamera tutte le terribili crudeltà del conflitto, che terminò nel 2029 con la caduta di Mosca.
La Terza Guerra Mondiale causò 100 milioni di morti, anche a causa dell’u tilizzo di ordigni nucleari, e venne definito lo scontro più sanguinoso della storia dell’uomo.
Mio padre poté finalmente ritornare a casa e, nello stesso anno conobbe mia madre. Nel 2030 nacqui io, uno dei primi bambini venuti al mondo dopo lo scontro.
Per i successivi ventitré anni ci fu un periodo di pace e di ripresa economica in cui tutti i paesi dell’ONU e della NATO conobbero un’importante fase di sviluppo, contrariamente agli sconfitti, che rimasero poveri e malfamati.
In questa epoca felice, l’Italia si modernizzò moltissimo e in poco tempo ogni grande città venne dotata di una moderna metropolitana, cosa considerata molto difficile solo pochi anni prima.
In Europa, invece, venne realizzato il progetto House of the future per garantire protezione alla popolazione dei paesi vincitori in caso di un attacco militare improvviso, progetto costituito da 500 Vault antiatomici sparsi per il Vecchio Continente. Grazie alle nuove scoperte tecnologiche i Vault vennero costruiti in appena vent’anni tanto che molti altri Stati decisero di adottare piani simili a quello della Federazione. L’Euro-Tee, l’azienda incaricata della costruzioine dei rifugi europei, ottenne molto prestigio e iniziò ad essere considerata quasi come un’ istituzione.
La situazione rimase immutata fino al 2053, quando una nuova organizzazione terroristica chiamata il Sole Orientale dichiarò guerra alla NATO attraverso attentati e minacce, provocando una basilare risposta ad gruppo di pazzoidi.
Fu a questo punto che smisi di ricordare la guerra, troppo stanco e nervoso. E per placare l’ansia, accesi la televisione e mi fermai sul canale che trasmetteva il telegiornale e le notizie meteo. Dopo qualche minuto riuscii a rilassarmi e, in preda ad una forte sensazione di spossatezza, mi addormentai.
Mi svegliò mezz’ora dopo un rumore forte e ripetitivo mentre sullo schermo della tv compariva una scritta che diceva:” Comunicazione di emergenza”. All’improvviso partì una voce preregistrata che invi tava tutti i cittadini a dirigersi al Vault più vicino alle loro abitazioni per mettersi in salvo da un imminente bombardamento atomico.
“Corri!” Fu il mio primo pensiero. “Corri al Vault 27, in fondo alla strada, nel vecchio palazzo comunale.” Continuavo a ripetermi mentalmente, come se il mio corpo non fosse stato connesso al cervello.
Riuscii a fatica ad alzarmi dal divano e una volta in piedi mi resi conto di non avere la benché minima idea di cosa fare. Dovevo portarmi un bagaglio e salvare il salvabile oppure non fare nulla?
I rumori provenienti dalla strada mi spinsero quasi involontariam ente a scegliere la seconda opzione, dalla via infat ti provenivano urla e lamenti accompagnati dal messaggio di emergenza che avevo sentito alla televisione, trasmesso da tutti i megafoni e altoparlant i della città.
Non presi quasi nulla di ciò che possedevo decidendo di salvare solamente una foto di famiglia, una copia della Costituzione italiana, una di quella della Federazione Europea Unita e i vecchi diari di guerra di mio padre. Misi tutto in uno zaino da viaggio, infilai in tasca i miei documenti e uscii dall’appartamento, sapendo che probabilm ente non lo avrei più rivisto.
L’ascensore era ovviamente fuori uso così scesi le scale più velocemente che potevo controllando però che qualcuno dei miei vicini non fosse ancora fuggit o. Le abitazioni erano tutte vuote. Fuori notai che la strada era ormai quasi completamente vuota e che in fondo alla via si era formata una enorme calca di persone. Evide nt emente l’esercito doveva aver costruito un posto di blocco per regolare l’accesso al rifugio.
Mi diressi verso la folla rassicurato dal fatto che la città non era ancora stata rasa al suolo e mi misi in fila, osservando la fort ifi cazione eretta dai militari, una recinzione di filo spinato e una piattaforma di osservazione per i soldati, che conti nuavano a urlare ordini.
Ad un certo punto un ufficiale gridò a tutti i presenti di tirare fuori i documenti di identità e obbedimmo mentre lui puntava uno scanner a lungo raggio verso le persone, ordinando ad un suo sottoposto di stampare i nominativi. Due minuti dopo iniziò a leggere dei nomi da una lista. Arrivò anche il mio turno e mi feci largo tra la folla mentre l’ufficiale ordinava ai suoi uomini di scortarci verso il Vault , dovevano esserci circa 2500 persone nella piazza, ma da quello che avevo capito molte altre erano già all’interno del bunker.
Nonostante fossi felice di essere vicino al rifugio, continuavo a chiedermi come mai avessero fatto entrare solo noi.
“Soldati, perché non avete fatto entrare anche altri cittadini? Il progetto House of the future deve essere impiegato per proteggere !collettivit à. Dico bene?” Dissi guardandomi intorno in cerca di approvazione. I presenti rimasero in silenzio, limitandosi a guardare il suolo.
“Non c’è posto per tutti, signore. E’ nostro compito garantire l’ordine e mettere in sicurezza i civili degni di partecipare al programma”. Urlò in tono marziale un sergente.
“Cosa intende7 Vuole forse condannare a morte certa i...” Venni interrotto da uno dei militari che mi colpì in pieno volto con il suo fucile. L’impatto fu così forte che svenni.
Mi risvegliai poco dopo vicino all’entrata dell’edificio, vicino a me i soldati armati di baionetta avevano creato un cordone difensivo per evitare che gli esclusi (o come li avremmo definiti in seguito, gli indegni) potessero irrompere all’interno dell’antico palazzo. Il sergente improvvisamente ordinò ai suoi soldati di rompere le righe e di serrare l’entrata.
Ebbi modo di osservare per un po’ quei disperati ormai consapevoli del loro destino. Tra di loro vi era una donna molto giovane che reggeva tra le braccia un neonato di circa tre mesi. Seppi subito cosa fare. Mi avvicinai alla folla diretto verso la ragazza, l’ufficiale voleva fermarmi ma gli bastò un’occhiata per capire.
Notai con disgusto la presenza di alcuni cadaveri distesi al suolo. “Solo il bambino” Mi disse a bassa voce.
Mi rassegnai al fatto che non avrei potuto sal vare tutti e due.
Mi avvicinai alla donna che aveva intuito cosa avessi intenzione di fare: aveva un’espressione felice nonostante tutto , consapevole di essere riuscita a far entrare il suo piccolo.
“Si chiama Alex” mi disse” abbia sempre cura di lui, sempre!” Consegnandomi il bambino.
La porta fu poi chiusa, ma le urla degli altri civili si potevano ancora udire chiaramente.
Io, Alex, il sergente e i suoi uomini entrammo tutti in un ascensore di servizio, visto che le rampe d’accesso erano state sigillate. Mentre la cabina scendeva verso i livelli inferiori ci fu una violenta scossa, segno che le testate nucleari avevano toccato il suolo. Rimanemmo tutti in silenzio troppo scossi dagli eventi. Riuscii persino a intravedere una lacrima sul viso del sergente, doveva essere stato un trauma chiudere fuori tutta quella gente che aveva l’unica colpa di non essere su di un’anonima lista.
Una decina di minuti dopo giungemmo all’ultimo livello, quello del rifugio. Davanti a noi si aprì uno scenario quasi dantesco: centinaia, forse migliaia di persone che si dirigevano verso l’enorme entrata del Vault, in silenzio, quasi fossero un unico flusso privo di corpo.
“Inizia una nuova vita.” Mi dissi e guardai per la prima volta Alex , che era rimasto tranquillo per tutto il tempo. Io e lui saremmo andati d’accordo, pensai.
Alex si svegliò di soprassalto, ansimando. “Un altro incubo...” . Ne stava avendo molti in quel periodo, ma sfortunatamente erano tutti uguali. C’era sempre sua madre che lo portava al parco con lei. La luce del sole, i fiori, i profumi, tutto sembrava così reale, pur avendo vissuto la quasi totalità dei suoi 22 anni all’interno del teatro Vault 27, illuminato dalle accecanti lampadine al neon, mantenuto in vita dalle coltivazioni idroponiche e avvolto da uno strano aroma di acciaio e di disinfettante.
Era il finale di quei brutti sogni, però, a turbarlo. Ad un certo punto la calma veniva interrotta da una detonazione nucleare di grandi dimensioni che spazzava via tutto, compresa sua madre.
Il ragazzo non riusciva a spiegarsi la presenza di immagini così nitide poiché aveva appena tre mesi quando la guerra era scoppiata.
Il dottor Vanetti, il direttore del reparto di psicologia dell’ Unità Socio Sanitaria Euro-Tee (USSET) V27IT, gli aveva detto che si trattava probabilmente di un trauma infantile assorbito, col tempo, dalla sua psiche, ma che si era ripresentat o a causa della scomparsa del suo patrigno Antonio: l’uomo infatti era l’unica figura genitoriale che avesse mai avuto e la sua lontananza dal rifugio doveva avergli riportato alla mente vecchi ricordi.
Tutto era peggiorato dal fatto di essere stato privato della madre prima della fine dello svezzamento, che fu comunque portato a term ine dai medici del Vault.
Alex si alzò dal lett o e guardò la sveglia: erano da poco passate le nove della mattina del 22 luglio 2077. Sapeva che non era un giorno qualsiasi, in quella data infatti ogni anno si celebrava l’Avvento dell’Apocalisse, cioè l’inizio della quarta guerra mondiale o Guerra Finale.
Quel giorno il Tempio della Cultura Universitaria sarebbe rimasto chiuso. Lì Alex studiava biologia e stava per laurearsi : il suo più grande desiderio era esplorare l’Esterno, vedere se si fosse verificato l’inverno nucleare, studiare l’evoluzione degli ecosistemi e osservare le mutazioni subite dagli indegni che non erano stati accetati nel bunker.
Si alzò dal letto, si infilò la tuta del Vault blu e or o, come la vecchia bandiera della Federazione Europea, con il numero 27 sulla parte posteriore, si sciacquò il viso, si preparò una tazza di caffè liofilizzato e iniziò a leggere le notizie dal suo Vault pad, uno straordinario computer da polso inventato appositamente per gli abitanti dei vari rifugi.
Finita la lettura iniziò a pensare che cosa avrebbe potuto fare quel giorno: poteva andare al cinema dove davano il vecchio Alba dell’Est, un film di guerra del 2040, e Lorenzo probabilment e lo avrebbe invitato a vederlo; oppure a teatro, l’Amleto Moderno era un classico intramontabile; o anche al centro benessere per cui aveva vinto due biglietti alla Fiera delle Scienze perché era riuscito a portare a termine l’inseminazione artificiale di un uovo da cucina. Gli sarebbe piaciuto fare una sorpresa a Magdalena per il suo compleanno.
Gli sarebbe piaciuto anche andare al simulatore di biomi dove quel giorno avrebbero introdotto il modello della tundra siberiana di Erica e Francesco che studiavano informatica. Ma anche passare per la sede del Consiglio Cittadino dato che erano due settimane che aspettava il ritorno del proprio padre adottivo e voleva ricevere gli ultimi aggiornamenti. Alla fine pesò che questa era la cosa più importante da fare perché era ancora molto scosso da ciò che lo psicologo gli aveva detto riguardo ai suoi incubi.
Si lavò velocemente i denti, si infilò gli stivali e mentre si avvicinava alla porta scorrevole, suonò il campanello della porta esterna della sua abitazione. “Buongiorno Alex, sono il comandante Diaz, con il soprintendente e alcuni assessori vorremmo parlarti.” Riconobbe subito la voce, l’ufficiale era un vecchio amico del suo patrigno. Aprì la porta e si ritrovò davanti oltre a Diaz in alta unifor me, l’assessore alla sicurezza Smith , un inglese che lavorava a Padova prima della guerra, quello alle risorse collettive Russo e, ovviamente, il soprintendente Fontana.
Il suo ruolo, come in ogni Vault , era il più importante del ri ugio; eletta ogni cinque anni, questa figura, simile ad una specie di sindaco, ricopriva anche il ruolo di President e del Consiglio Cittadino e comandante in capo delle forze di sicurezza, rappresentando così l’autorità suprema di un sistema politico molto diverso da quello prebellico.
I Vault erano strutture in grado di contenere poche migliaia di abitanti, il numero 223 a Londra, il più grande sul suolo europeo era stato progettato per ospitare al massimo 10.000 persone, mentre il 27 ne aveva 4500, e al loro interno vigeva una forma di democrazia rappresentati va più diretta rispetto al passato.
Non esistevano partiti politici e i membri del Consiglio erano eletti attraverso il sistema dei Quartieri Elettori cioè la divisione dei Vault in zone residenziali diverse riunite in Ecclesie che eleggevano ognuna un proprio rappresentante, il Vox Populi che presiedeva le riunioni cittadine per tre anni. Il numero dei deputati dipendeva dalla popolazione totale e il Vault 27 era suddiviso in 30 Quartieri Elettori.
Le proposte di legge venivano esposte dalle singole assemblee, attraverso il proprio portavoce, al Consiglio, dove venivano recepite anche dagli altri Vox Populi, favorendo così il dialogo tra le singole comunità.
L’elezione del Soprintendente avveniva a suffragio universale. Egli una volta eletto aveva il compito di nominare il proprio Assessorato composto da quattordici assessori ognuno con mansioni amministrative diverse. Questi due organi erano soggetti al Protocollo Politico-Governativo Euro-Tee, una sorta di adattamento per la vita nei bunker, della Costituzione Europea.
Alex fu molto sorpreso nel trovarsi davanti, dentro casa sua, le alte sfere della comunit à. Certo il militare spesso veniva a trovare suo padre, ma gli altri erano politici di rango e il giovane era a conoscenza delle divergenze tra il Governo e l’Università, anche se quelle vicende non gli erano mai interessate particolarmente.
“Buongiorno signori, buona festa dell’Avvento, prego, accomo...” Stava dicendo Alex, ma fu interrotto da Diaz, un uomo sulla cinquantina, di media statura e semi calvo.
“Non preoccuparti Alex, siamo qui solo per ... parlarti” disse l’ufficiale.
Era facile intuire il falso tono rassicurante della sua voce. Dopo una decina di secondi di silenzio il ragazzo capì che non si trattava di una semplice visita di cortesia, sapeva di essere un cittadino onesto, quindi l’idea che “l’incursione” riguardasse il suo patrigno gli sembrò la più plausibile. La conferma diretta arrivò da Smith.
“Abbiamo notizie di tuo padre ragazzo. Il computer del Vault è riuscito a captare un segnale esterno e potrebbe trattarsi del Vault pad di Antonio.” Gli comunicò l’uomo con un leggero accento inglese che stava ormai perdendo.
“Non abbiamo idea di come tuo padre sia riuscito ad abbandonare la struttura, ma è meglio che nessuno, a parte noi, lo venga a sapere. Purtroppo non siamo in grado di comunicare con lui ma abbiamo determinato un’area di provenienza. Detto questo c’è un’altra cosa che dovresti sapere.. .” Continuò l’Assessore, che fece poi un cenno al suo collega Russo, il quale passò al ragazzo una cartelletta contenente le foto dell’impianto di depurazione del Vault . “Tuo padre dirigeva l’impianto, quindi dovresti sapere come funziona.” Disse l’uomo guardando Alex, che fino a quel momento non aveva aperto bocca, mille domande gli passavano per la mente e non lo facevano ragionare. Come aveva fatto il suo patrigno ad uscire? Perché lo aveva fatto? Cosa centrava lui con l’impianto di depurazione? Nonostante lo sconvolgimento, fece sì con la testa al politico. Fontana, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, si avvicinò al giovane e gli mise una mano sulla spalla.
“So che non è facile da dire, ma sarò franco con te: il chip del depuratore idrico ha smesso di funzionare e tu sei stato estratto per uscire in avanscoperta.” Mormorò a bassa voce il Soprintendente, quasi tutto di un fiato. Quello, per il ragazzo, fu davvero il colpo di grazia e si sentì svenire, fortunatamente gli ospiti riuscirono a tenerlo in piedi e a farlo sedere su una poltrona del salotto, consapevoli della sua situazione.
Un altro incubo assalì, allora, la mente priva di sensi di Alex, diverso dagli altri, non era più in un parco fiorito, ma in quella che sembrava una città. Era, poi, in braccio a sua madre, la quale aveva, però un’espressione disperata e contorta, non felice e rilassata come negli incubi precedenti. La donna stava correndo in mezzo ad una folla disordinata e anonima, percepita dalla visione onirica del ragazzo quasi come un unico flusso. Ad Alex sembrava di avere le orecchie tappate, come quando si nuota in profondità e si sale velocemente d’altitu dine e non riusciva a percepire nessun suono, elemento che dava alla scena una lentezza impressionante, quasi da moviola. Ad un certo punto sua madre cominciò a rallentare fino a fermarsi e la calca cominciò a sembrargli più distinta. Cominciava a distinguere i vari individui, le cui espressioni erano un misto di terrore, rabbia e rassegnazione. La donna, allora, iniziò a farsi largo tra la massa, che ormai aveva perso lo slancio di poco prima, come se avesse incontrato un ostacolo insormontabile che la divideva dal proprio obiettivo. Arrivati alla testa del corteo, il ragazzo vide una fila di circa venti uomini in uniforme, armati fino ai denti, con i fucili spianati contro la folla e notò con orrore la presenza di alcuni corpi senza vita, stesi al suolo. Tra i soldati vi era anche un giovane, poco più vecchio di Alex, che aveva un’aria stranamente familiare, fu in quel momento che il ragazzo si sentì allontanare dalla madre, pur desiderando con tutto il cuore di restare con lei. L’uomo, allora, lo prese in braccio e fu in quel momento che Alex lo riconobbe: era il suo patrigno Antonio, poco più che ventenne. Realizzò quindi la vera natura del sogno, doveva trattarsi di un vecchio ricordo andato perduto, uno di quei traumi infantili di cui gli aveva parlato Vanetti. Non sapeva però che fosse stato suo padre in persona a salvarlo da morte certa. Gli era sempre stato detto che era stato ritrovato, da solo, già sotto terra e che Antonio aveva scelto di adottarlo, nonostante non fosse sposato.
L’incubo-rivelazione si concluse con l’uomo che allontanava il neonato dall’entrata dell’edifi io. Il ragazzo ebbe appena il tempo di guardare in faccia sua madre, che sembrava comunque felice e lo salutava con la mano, sapendo che non lo avrebbe più rivisto.
Alex si svegliò, quindi, nel suo letto, madido di sudore, la luce delle lampade era fioca, segno che ormai era sera inoltrat a, pur essendo il Vault un luogo in cui il tempo era solo una convenzione del passato. Si accorse subito di non essere solo, Diaz gli era accanto, seduto sulla poltrona di stoffa blu. Il ragazzo lo aveva riconosciuto dagli stivali militari, essendo il viso completamente avvolto dall’oscurità. Ma quando il militare si accese una sigaretta, merce rarissima nel rifugio, notò che il viso dell’uomo era rigato dalle lacrime.
“ Hai sognato tua madre, vero?” “Sì, ho parlato nel sonno?”
“Continuavi a chiamarla, sembravi impazzito.”
“Perché stai piangendo?”
“Mi dispiace Alex.”
“Ti dispiace per cosa?”
“Potevo salvarla, tuo padre non me l’ha mai perdonato”
“Di che parli?”
“ Ero lì, potevo farvi entrare tutti e due.”
“Eri uno dei soldati?”
“ Ero il più alto in grado, controllavo tutte le operazioni.”
“Perché non ci hai fatto entrare, allora?”
“Dovevo rispettare i protocolli.”
“Il protocollo non era salvare vite?”
“No, lo sai benissimo: non c’era spazio per tutti.”
“Perché hai fatto entrare me, allora?”
“Per tuo padre.”
“Mio padre?”
“Lui aveva visto.”
“Intendi i corpi?”
“Sì, dovevano essere colpi di avvertimento, ma ci aggredirono...”
“Papà quindi non parlò dell’accaduto?”
“Era schifato, ma era riuscito a salvare una vita in cambio del proprio silenzio.”
“Perché me lo avete nascosto?”
“Mi dispiace Alex, avevamo paura e ci sentivamo responsabili, io prima di tutto.”
“I l passato è passato ormai.”
“Spero che tu possa perdonarmi.”
“Lei come si chiamava?”
“Non lo so non mi ha detto il suo nome.”
“Non stavo sognando prima, vero? Devo davvero uscire?”
‘’Sì.”
“Perché proprio io?”
“Il computer ti ha scelto!”
“Ho paura Francesco.”
“Ti capisco ragazzo.”
“Non si può riparare?”
“Hai circa un mese di tempo.”
“Perché da solo?”
“Prima devi determinare se l’esterno è effettivamente abitabile, poi dovrai stabilire un contatto con la Metro.”
“Ci sono sopravvissuti nella Metro?”
“Più che probabile, il Vault 15 è accessibile solo attraverso la Metro.”
“Il Vault 15?”
“In città ci siamo solo noi e loro, pensiamo che gli abitanti del 15 siano riusciti a stabilire dei contatti con l’esterno.”
“Non possiamo comunicare?”
“Il Vault non è programmato per ricevere contatti esterni fino al via libera dell’Euro-Tee o del Governo.”
“Roma opera ancora?”
“Non lo sappiamo, Venezia è il nostro punto di riferimento: siamo riusciti a ricevere la comunicazione di tuo padre per caso.”
“La porta quindi non può essere aperta?”
“Solo in caso di emergenza dal computer del Soprintendente.”
“Papà come ha fatto allora?”
“Non ne abbiamo idea, forse ha individuato un vecchio canale di scolo: le motivazioni, poi, sono del tutto ignote.”
“Cosa dovrò fare dopo?”
“Credo che potrai tornare.”
“L’acqua sarà già finita?”
“Se applicheremo un razionamento efficiente, dovremmo resistere un mese in più.”
“Perché non lo volete dichiarare pubblicamente?”
“Ci puoi arrivare da solo, Alex, la gente comincerebbe a tenersi l’acqua per sé, privandone gli animali e le piante, che sono estremamente sensibili e hanno bisogno di molte attenzioni.”
“Non abbiamo scorte?”
“Purtroppo no, non possiamo eliminare i servizi igienici perché potrebbero diffondersi malattie.”
“E una volta tornato?”
“Credo che a quel punto le persone saranno già state informate dell’accaduto e, allora, ti verrà assegnata una squadra che guiderai personalmente nella Metro.”
“E se non dovessi sopravvivere?”
“Ti diremo e daremo tutt o ciò di cui hai bisogno, imparerai ad usare un’arma, ad accendere un fuoco e via dicendo.”
“E se muoio comunque?”
“Non morirai Alex.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Lo sento e basta.”
“Ho paura.”
“Imparerai a gestirla, so che il senso di responsabilit à ti spingerà a proseguire. La sopravvivenza di tutti noi è nelle tue mani.”
“Ce la farò... è una promessa.”
“Ricordati solo una cosa, te la ripeterò anche prima della partenza: segui sempre la luce.”
“La luce?”
“ L’oscurità è tua nemica, è la nostra nemica, l’uomo non è nato per vivere nel buio, ricordalo... sempre.”