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Concorso Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa inedita
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Michele Zanetti
Lagunando 2025 > AUTORI 2025 > Narrativa 2025
Naturalista e scrittore di origine ferrarese, è nato a Portomaggiore (FE) nel 1947. Si occupa da almeno cinque decenni di ricerca sulla biodiversità e sul paesaggio veneti. E’ autore di numerosi volumi su temi didattici e naturalistici, nonché di guide naturalistico escursionistiche a numerose realtà del territorio veneto e nazionale e di opere di narrativa. Risiede a Musile di Piave (VE).
Ha già partecipato alla edizione:
PRIMO CLASSIFICATO ROMANZI
IL GRANDE ROVERE
Riassunto

Prima parte
La storia narrata dal romanzo comincia nella tarda estate dell’anno di grazia 1630, quando i silenzi del bosco Olmè di Cessalto vengono interrotti dal fruscio di una ghianda che cadendo rimbalza sulla lettiera.
Un evento apparentemente insignificante, nella sua ripetitiva e quotidiana frequenza; in realtà l’inizio di una lunga storia. Una storia che si dipana nel silenzio anonimo di un bosco, mentre la Serenissima, dapprima con la Peste, poi con alterne vicende, vive i propri fasti bellici e commerciali e i propri lutti.
Sarà la storia di un grande albero, che nel volgere di quasi tre secoli si accompagnerà a numerose vicende umane, fino a diventare una sorta di sacro nume simbolico di un’intera comunità.
Seconda parte
E’ una danza di vicende quella che accompagna la vita del Grande Rovere. Di vicende d’amore ma non solo, che vedono primi protagonisti Marco Savorgnan, un Capitano ai Boschi della Serenissima e Cecilia, la sua segreta, giovane amante. Lei, figlia dell’oste della Magnadola, Nane Ravagnan, è infatti protagonista di un amore segreto che ha per palcoscenico le buie stanze della locanda e poi la radura vegliata dal Gigante.
Accade che il Capitano, nel corso di una delle sue visite semestrali a Cessalto, faccia simbolicamente dono a Cecilia di un bel rovere. Un albero di speciale bellezza, fatto marchiare per essere conservato e destinato a spargere il seme; e accade che, in sua assenza, la bella Cecilia, colta da nostalgia, si rechi spesso nel bosco.
Quando poi Cecilia si accorge di essere rimasta incinta, scoppia lo scandalo, in famiglia e in paese e le sue visite al grande albero si intensificano.
Il Destino, tuttavia, ha in serbo amare vicende per la giovane donna.
All’appuntamento del mese di Ottobre, mentre corre l’anno 1752 e la Serenissima sta lentamente tramontando, Marco non si presenta e si viene a sapere che il giovane capitano risulta disperso nei boschi dell’Agordino, in cui s’era recato in missione.
Nasce infine una bambina, cui viene dato il nome di Lucia e il cognome del nonno Nane.
Cecilia però non si da pace e trova infine il coraggio per chiedere al padre di recarsi a Venezia, per cercare notizie di Marco. Nane si rifiuta, resiste, ma deve infine capitolare e partire con la figlia e con il parroco di Cessalto Don Venenzio, prete venale e opportunista.
L’avventuroso viaggio a Venezia si conclude nel cimitero della chiesa di Santa Lucia, al cospetto della tomba di Marco Savorgnan, che ospita il corpo di un uomo irriconoscibile, recuperato nel territorio in cui Marco s’era perduto.
I tre tornano infine a Cessalto, con la Cecilia affranta e sconsolata.
Terza parte
Trascorrono gli anni, la Cecilia si fa una nuova vita e s’allontana dall’osteria della Magnadola, dove invece rimane Lucia, la sua giovane figliola.
Lucia è una ragazzina intelligente ed è cresciuta nel mito del Grande Rovere, presso cui la madre l’accompagnava spesso da bambina. Lei stessa si reca, di tanto in tanto, nella radura vegliata dal Gigante silente.
Durante una delle visite, mentre corre l’anno di grazia 1781, Lucia fa un singolare duplice incontro, che la porta a conoscere un’anziana donna e il suo strano cane.
La vecchia la incuriosisce e lei decide di andarla a trovare, scoprendo che si tratta di una nobile veneziana, fuggita per amore dal convento in cui era stata confinata, giovanissima, dalla famiglia. Lucia, inoltre, scopre la delicata arte pittorica della vecchia Matilde, non solo, ma scopre anche che, per la sua conoscenza delle erbe, essa è considerata una sorta di strega e osteggiata dalla gente dei dintorni.
Tra le due donne si instaura comunque un legame forte e quando Lucia conosce Marco, il giovane e prestante nipote di Matilde se ne innamora, essendone ricambiata.
Quarta parte
Marco è un contrabbandiere ricercato dalla gendarmeria veneziana e le appare come un amore impossibile. La giovane viene pertanto colta da un profonda crisi esistenziale, che la porta a deperire vistosamente, ma quando Marco si presenta all’osteria di Nane, chiedendole di partire, non può sottrarsi alla sua proposta e decide di farlo.
L’appuntamento avviene verso sera, nella radura ombreggiata dal Grande Rovere. Lucia parte verso una nuova vita e la loro storia sembra concludersi.
Quinta parte
Alla fine del Settecento la Serenissima termina infine il suo millenario percorso storico e il mondo dei suoi possedimenti d’entroterra, cambia.
Nei primi decenni dell’Ottocento entra in scena, nella storia, Aristide Pollon, ebreo convertito che commercia polli e che visita spesso i cortili contadini per i suoi commerci.
Aristide ha sposato Miriam, che ama appassionatamente, ma che non può dargli figli. I due coniugi decidono pertanto di adottare un bambino presso l’orfanotrofio della Pietà di Venezia. Faustino è un maschietto gracile ma intelligente, che viene precocemente inviato presso il Collegio vescovile di Treviso. Qui cresce tra preghiere e penitenze e subisce il trauma di molestie, che lo inducono infine a fuggire avventurosamente. Riparerà nella radura del Grande Rovere e infine a casa, ma i suoi studi proseguiranno poi a Venezia, per coltivare il proprio talento presso l’Accademia d’Arte.
Nel frattempo il padre, rimasto vedovo, s’è innamorato di Mariolina, una contadinella e la porta a casa propria come servetta. I due giovani, Faustino e la Mariolina, s’innamorano però a loro volta e il loro amore segreto li porta a frequentare la radura del Grande Rovere.
Faustino morirà durante l’insurrezione del 1848 e lascerà Mariolina incinta, cosicché il vecchio Aristide la sposerà e alleverà il nipote, morendo tuttavia a sua volta nel novembre del 1855.
Sesta parte
Verso la fine dell’Ottocento, una banda di ragazzini frequenta il bosco assiduamente e la radura del Grande Rovere è il loro luogo segreto di ritrovo. Sono cugini e nipoti della Mariolina, tornata alla casa contadina del padre dopo la morte di Aristide. Frequentano la stessa scuola elementare e sono tutti innamorati della Carolina, la graziosa figlia di Carletto Fuin, guardiano del bosco.
Nel 1910 le strade dei tre ragazzini si separano e la Carolina sceglie Franco. Il loro è un amore tenero e segreto, che sboccia ancora una volta all’ombra del Grande Rovere.
Tragici eventi stanno tuttavia per sconvolgere le loro vite.
È il 1915 e scoppia la Grande guerra, con i tre giovani che partono per il fronte.
Due di essi moriranno in battaglia.
Settima parte
La tragedia di Caporetto porterà infine le armate austroungariche sulla sponda sinistra del Piave e le retrovie a Cessalto. Il Grande Rovere sarà così vittima del taglio a raso del bosco Olmè, effettuato nel 1918 per realizzare le tavole necessarie a superare il Piave.
Così termina la storia … e se i personaggi che hanno danzato per due secoli attorno al Grande Rovere sono frutto della fantasia dell’autore, il Grande Rovere è invece esistito veramente ed effettivamente è stato sacrificato alle esigenze di quella terribile guerra.
Prima parte
COSÌ NASCE UN ALBERO


1.

Accadde nel primo pomeriggio del penultimo giorno di settembre dell’anno di grazia 1630.
Accadde mentre a Venezia e nei territori del Dogado infuriava la terribile e devastante calamità della peste nera. Nel bosco che i contadini chiamavano Olmé, in quel di Cessalto, ai confini orientali della Marca Trevigiana ch’era territorio d’entroterra della Dominante, una ghianda si staccò dal ramoscello di una grande quercia e cadde ai suoi piedi.
Cadde, il piccolo frutto, da almeno otto metri d’altezza, rimbalzando sulle foglie rinsecchite della lettiera e suscitando un fruscio lieve.
La giornata era luminosa e le foglie dei grandi roveri, che a centinaia popolavano quel piccolo lembo dello sconfinato patrimonio forestale della Serenissima, esteso ad ammantare monti e pianure, avevano appena assunto la lieve tonalità di colore che annunciava la comparsa imminente del concerto cromatico d’autunno.
Il bosco era silenzioso e soltanto le grida stridule delle ghiandaie, che s’inseguivano e s’azzuffavano a frotte tra le chiome degli alberi, per ghermire le ghiande più grosse e nasconderle nelle segrete dispense invernali di ciascuna, rompevano di tanto in tanto l’incanto della piccola foresta di pianura.
Nessuno, tra gli umani del vicino villaggio, che pure frequentavano il bosco in ogni stagione e con una certa assiduità, ebbe ad assistere a quel trascurabile evento. Nessuno, insomma, ne fu testimone.
Una ghianda che cade al suolo e che si offre ai voraci incisivi dei topi selvatici o ai robusti molari dei cinghiali, non è certo un fatto degno di nota; né tanto meno memorabile. In quel bosco, denso di roveri forti, peraltro, di ghiande ne cadevano migliaia e migliaia, sul finire dell’estate, come una sorta di manna dispensata dal cielo per i consumatori di quei piccoli e coriacei frutti...
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